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Il culto del Crocifisso di Monreale

Valentino Mirto, Priore Confraternita del SS Crocifisso
Voci allarmistiche si diffondono per la Sicilia in quel 1623, quando a Trapani era approdata una imbarcazione proveniente da Tunisi: è arrivata la peste! Fenomeno piuttosto frequente in quell’epoca. A Monreale, circa 50 anni prima, nel 1575, quel fenomeno aveva fatto una strage.
Ma questa volta non sarà così, per merito di un personaggio che ha lasciato nella storia di Monreale una profondissima impronta: l’arcivescovo Girolamo Venero. A quei tempi l’Arcivescovo assommava nelle sue mani il potere spirituale ed il potere temporale. Da lui erano nominati tutti i pubblici ufficiali, i notari, i giudici.
Il Venero apparteneva ad una famiglia spagnola che aveva tratto grandi benefici dalle relazioni con l’ America, di recente scoperta.
Era un giurista colto e avveduto, spirito concreto e lungimirante, profondamente religioso, convinto sostenitore della riforma cattolica voluta dal Concilio di Trento.
A Monreale realizzò una serie di importanti opere pubbliche, come la strada di collegamento con Palermo, l’adduzione dell’ acqua dalla contrada che da lui prese il nome.
Al primo apparire della minaccia della peste non si lasciò intimorire, ma mise subito in atto una serie di provvedimenti rivolti ad impedire a Monreale l’ ingresso del contagio, coinvolgendo tutta la cittadinanza nell’ impegno di costruire una cinta muraria affinché nessuno entrasse o uscisse senza il più severo controllo igienico. Quando poi, malgrado le sue attenzioni, la peste riuscì a filtrare, egli si spese senza limiti per impedirne la diffusione. Diede severe disposizioni per evitare il contagio, mobilitò le autorità comunali, istituì una apposita deputazione per la più severa vigilanza, organizzò un corpo di medici obbligandoli a denunziare ogni caso che si verificasse, nel più rigoroso rispetto delle norme di igiene, diversamente da come agiva a Palermo il viceré Emanuele Filiberto, che puntava più sulle manifestazioni religiose per implorare da Dio la liberazione dal flagello.
Ma non agì da solo facendo leva sulla sua autorità, perché a tutti chiese collaborazione e contributi. La città si indebitò sino al massimo possibile in uno sforzo gigantesco.
Alla fine i risultati furono lusinghieri, perché le vittime furono assai poche rispetto a quanto era avvenuto in altre città della Sicilia. E quando finalmente il flagello si allontanò e si sentì il bisogno di elevare ringraziamenti a Dio, egli seppe guidare il sentimento religioso di tutta la popolazione incanalandolo verso il mistero centrale della fede cristiana, cioè verso il Crocifisso.
Ai suoi occhi infatti dovette apparire meno fondata la religiosità popolare della popolazione palermitana, che era rimasta ammaliata dalla figura di Santa Rosalia, figura del tutto marginale al confronto e non priva di riserve in un periodo in cui la cattolicità si confrontava col mondo protestante. Egli era interprete fedele della riforma cattolica, che costituiva il sangue delle sue vene, riforma che si era espressa in quel concilio di Trento, conclusosi poco più di mezzo secolo prima e che aveva rappresentato un poderoso sforzo della cattolicità intera per respingere il sentimentalismo e la superstizione nella pratica religiosa.
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Per questo il Venero aveva messo in ombra perfino le linee pastorali del suo grande predecessore Ludovico II Torres, il fondatore del Seminario, che, in opposizione ai Benedettini, aveva esaltato la figura di San Castrense, considerato primo e principale protettore della città fin dal tempo di GuglielmoII, ma che era un personaggio tanto lontano nel tempo e nella storia. Così pure non aveva voluto valorizzare la figura di San Benedetto, fondatore di quell’ ordine religioso che a Monreale aveva avuto sempre tanto profonda influenza. E con assai minore gradimento dovette accettare il culto verso Santa Rosalia, divenuta tanto popolare anche a Monreale in quell’ occasione, ma che a lui doveva apparire tanto lontana ed evanescente. "Mi proposi di non sapere altro in mezzo a voi all’ infuori di Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso" aveva detto San Paolo. Per il Venero quello era fondamento sicuro e stabile di vera fedecristiana e di vera ortodossia.
Per questo egli, con lucida e profonda lungimiranza sceglie la via del culto verso il Crocifisso per incanalare in essa in quel momento e per il futuro il sentimento religioso del popolo, con una decisione di politica religiosa, nel senso più puro della parola, felice e irreversibile, che oscura e travolge ogni altra scelta, senza però condanne o avversioni. Quale stimolo più profondo di conversione per una vita cristiana, quale soggetto più efficace di meditazione, quale modello più sublime, quale vessillo più glorioso? E chi potrebbe misurare nel cuore dell’ uomo l’ effetto dell’ insegnamento che emana dalla cattedra della Croce? Il Venero si dimostra vero pastore!
Per questo egli fonda la “Collegiata”, un corpo di sacerdoti scelti, cui affida il culto verso il Crocifisso, con rigorose e precise regole, dotandola di risorse sufficienti e stabili che avrebbero resistito per secoli all’inflazione monetaria e perfino alle future allora imprevedibili leggi che avrebbero fagocitato quelle risorse.
La storia ci ha dimostrato che quella era la scelta giusta. Il popolo comprese e seguì. Le incrostazioni del sentimento e del folklore non potranno mai minimamente offuscare la luce di quella fede.
Oltre tre secoli di devozione sono trascorsi da quel 1626 in cui fu debellata la peste ed il simulacro del SS. Crocifisso fu portato in processione per grazia ricevuta. Da allora tra i monrealesi e la sacra effige è nato un forte rapporto che con il passare del tempo non sembra affatto incrinato.
Questo Crocifisso, che per volontà di Mons. Girolamo Venero all’ inizio venne affidato a 24 canonici, mezzo secolo dopo, il privilegio di portare il Crocifisso per le vie della città, venne affidato a dei semplici fedeli, cioè a coloro che nel comune gergo monrealese vengono chiamati i “fratelli”. Infatti il primo documento che parla dei fratelli è degli inizi del '700.
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Questi appartenenti fino a non molti anni fa alla Pia Associazione, dal1996 si sono identificati nella Confraternita del SS. Crocifisso dopo decreto dell’Ordinario Diocesano. I fratelli malgrado i vari cambiamenti incarnano da sempre quei valori di amore, di purezza, di bontà che vengono espressi soprattutto dai colori dei loro abiti votivi e mostrano umiltà, saggezza , rispetto per il grande ruolo che ricoprono.
La voglia di crescere all’ insegna dei valori umani e cristiani, fa della Confraternita un punto di riferimento soprattutto per i giovani, aperta sempre a nuove iniziative e sempre pronta a rinnovare la propria immagine con progetti che hanno tutta l’ aria di mantenere viva la stessa Associazione e sconfessare quelle critiche rivolte ai fratelli che non hanno nessun fondamento di verità. Ogni anno tra mille difficoltà i fratelli manifestano la propria gioia.
Il cammino che si svolge in quelle ore e che va dal pomeriggio del 3 Maggio alle prime ore del giorno successivo, esalta la propria fede cristiana in un ringraziamento collettivo sincero e profondo, dimostrando di non essere una qualsiasi sfilata in costume come qualcuno potrebbe pensare!
Comunque la Confraternita del SS. Crocifisso con l’ aiuto dei suoi iscritti manifesta con la sofferenza dovuta alla stanchezza del lungo viaggio, la propria fede e la gioia di appartenere alla stessa, col sano orgoglio e la piena consapevolezza di sapere essere il punto nodale tra il popolo monrealese e il suo Crocifisso. .

- Testo tratto dall' intervento di Valentino Mirto, Priore della Confraternita del SS. Crocifisso di Monreale in occasione del Convegno "Hermandad e Confraternite ieri e oggi: quale futuro? " tenutosi a Taranto il 20 e 21 settembre 2008.
- Foto tratte dal sito Confraternita SS. Crocifisso Monreale.
N.B. - Tutte le foto provengono dall' archivio privato del dott. Franco Stanzione ed è vietato riprodurle senza il suo consenso e/o omettendo di citarne la fonte.

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